martedì 2 ottobre 2012

Roma Fiction Fest 2012: Beauty and the Beast, la recensione in anteprima

L’atteso remake della serie anni ’80 targato The CW arriva in anteprima al Roma Fiction Fest 2012: protagonisti Kristin Kreuk, Lana Lang in Smallville, e Jay Ryan, una poliziotta dal passato doloroso e un misterioso salvatore. Peccato che l’aggiornamento trendy della serie non funzioni mai.


Tra le serie più attese dal pubblico giovane e non, Beauty and the Beast arriva in anteprima (il pilot andrà in onda su The CW l’11 ottobre) al Roma Fiction Fest 2012 giunto alla sua 3^ giornata. Come saprete, oltre a riadattare la fiaba classica, la serie creata da Sherri Cooper e Jennifer Levin è un remake dell’omonima serie anni ’80 con Linda Hamilton e Ron Perlman.
Protagonisti sono Kristin Kreuk, nei panni di una poliziotta che da piccolo ha assistito alla morte della madre mentre un misterioso animale la salvava, e Jay Ryan, un ragazzo che segue la poliziotta per proteggerla. Cosa nasconde e che rapporto lega i due? Risposte che troveranno risposta già nel pilot, scritto dalle creatrici e in onda sulle reti Rai e diretto da Gary Fleder, che come l’originale ha un impianto da poliziesco ampiamente venato di romanticismo e melodramma.
Ma mentre nell’87, la serie si adattava intelligentemente alla matrice fiabesca del racconto, sia nella definizione della Bestia sia nel modo di raccontare, Beauty and the Beast versione 2012 si aggiorna piattamente al procedurale in ambienti classy – nel primo episodio riviste di moda e fotografi d’élite – rendendo anche la messinscena patinata e fasulla, coi protagonisti sempre belli e tenebrosamente sexy, quanto poco credibili, con Kreuk fuscello dagli occhi verdi che mena colpi in modo discutibile e Ryan bellissimo clone di Jared Padalecki che più che una bestia sembra una specie di Hulkpochissimo “sfigurato”.
Ma i veri dubbi e nasi storti vengono quando all’impianto generale si aggiungano i tocchi 21° secolo, con l’arrivo di soldati geneticamente modificati e ricordi dell’11 settembre che fanno piuttosto ridere, sia nella ricerca di una contemporaneità lontana sia nel tentativo di sembrare impegnati, almeno un po’. Non che sia una delusione, perché un risultato del genere era ampiamente preventivabile date le premesse, ma fatichiamo anche a immaginare come una serie così possa avere successo.
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